Nicola
Antonio
Manfroce
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Alzira
Dramma in due atti di Gaetano Rossi e Jacopo Ferretti
Musica di Nicola Antonio Manfroce.
Personaggi: Alzira, principessa indiana, promessa sposa a Zamoro
Zamoro, principe indiano
Gusmano, generale spagnolo
Montezo, padre di Alzira
Alvarez, padre di Gusmano
Emira, amica di Alzira
Atto primo
I fatti si svolgono in Perù, a Lima e dintorni.
L'azione è introdotta dal coro composto da guerrieri indiani in fuga, inseguiti dai conquistatori spagnoli.
Montezo, capo degli indiani, invita i suoi a salutare nel condottiero degli spagnoli, Gusmano, non il vincitore, ma l'amico che desidera la pace e vuole sposare sua figlia Alzira, già promessa sposa a Zarnoro, principe indiano, ritenuto morto in guerra.
Gusmano, infatti, dichiara di voler essere il difensore degli indiani e chiede come premio di vittoria il loro amore.
Alvarez, padre di Gusmano, è soddisfatto delle gesta del figlio ed è felice per la scelta di Alzira come sposa.
Gusrnano sollecita il matrimonio e si augura che gli indiani e gli spagnoli formino un unico Impero.
Anche Montezo, padre di Alzira, è contento perché finalmente il suo popolo vivrà in pace.
Intanto Alzira davanti alla supposta urna di Zamoro si lamenta per il suo crudele destino e canta la bellissima aria.
Alzira
-Ah, che non serve il piangere-
(atto I scena 5^)
Eseguita a Palmi (RC) in occasione
Cebrazione di Nicola Antonio Manfroce
18 e 19 febbraio 1978
dalla Pianista Marcella Crudeli
e dal Soprano Rossana Pacchielle
Alzira
-Vieni t'affretta al tempio-
(atto I° scena 10^)
Eseguita a Palmi (RC) in occasione
Cebrazione di Nicola Antonio Manfroce
18 e 19 febbraio 1978
dalla Pianista Marcella Crudeli,
dal Soprano Rossana Pacchielle
e dal Tenore Ennio Buoso
Alzira
-Povero core perché-
(atto II° scena 9^)
King Nicola's Palace. Festival 'Barski Ljetopis'
2008. Bar, Montenegro.
Sandra Plamenats - soprano
Nioleta Strugar - piano
Isabella Colbran
(Madrid, 2 febbraio 1785 – Castenaso,
7 ottobre 1845)
-Povero cor tu palpiti-
-"Sei canzoncine ou petits airs italiens
(1805)"
- Soprano: Maria Chiara Pizzoli
Ah! Che non serve il piangre,
è inutile l'affanno.
Non è il destin tiranno
capace di pietà.
Sta solo in quella tomba
la mia felicità.
Idol mio, mio bel tesoro
quando mai ti rivedrò?
Ah! Perché? perché non moro:
si felice allor sarò.
La sua damigella Emira la consola e la prega di voler accettare la mano di Gusmano per amore della patria.
Montezo comunica ad Alzira di avere ceduto alla richiesta del generale spagnolo ed ella, pur protestando il suo amore per Zamoro, a malincuore, dichiara che ubbidirà al volere del padre.
Gusmano, però, non è convinto dell'assenso di Alzira e lo esprime con il seguente brano:
Quel pianto, che ognora
dal ciglio ti scende,
geloso mi rende
offende ...il mio amor.
Rammenta che t’amo
che bramo il tuo cor.
Alzira con incertezza, perché si sente ancora legata a Zamoro, assicura Gusmano che diverrà sua sposa.
Appare, quindi, una scena di ambiente indiano con Zamoro, il quale, invita i suoi guerrieri a combattere per liberare la patria e per ritrovare Alzira.
Giunge, intanto, Alvarez che riconosce in Zamoro il suo salvatore e ne dà notizia al figlio.
Zamoro chiede agli spagnoli di non devastare più la sua patria e Gusmano gliene dà assicurazione; anzi, come garanzia della sua promessa, comunica che "la mano a una vostra darò vergin vezzosa" e pronuncia il nome di Alzira.
Zamoro, senza svelare la sua identità, accetta l'invito alle nozze di Gusmano ed Alzira.Segue l'aria:
Gusm. Vieni t’affretta al tempio;
Contento al fin sarai
Lieto colà vedrai
La mia felicità
Zam. Verrò; m’aspetta al tempio;
(Ma per punirti, indegno!
Freddo geloso sdegno
L’alma straziando va.)
Gus. Mi guardi e fremi?
Zam. Io godo.
Gus, Verrai?
Zam. Verrò. M’aspetta.
G./Z. (Sento di vena in vena
sospetto,
Un barbaro
dispetto,
Che l’alma mi avvelena,
Che delirar mi fa.)
Gus. All’ara; al tempio.
Zam ( Numi, che affanno!)
Gus. Il cor mi giubila.
Zam. (Quant’è tiranno)
G./Z. ( M’arde, m’accende
Gus. Tenero amore.
Zam. L’ira il furore
G./Z Fra poco il core
Pago
sarà
Lieto
Nel tempio degli spagnoli si dà inizio alla cerimonia nuziale.
Mentre Alzira, ancora titubante, sta per pronunciare il giuramento, dopo avere ascoltato quello di Gusmano, si presenta Zamoro e crea, quindi, una situazione confusa, durante la quale ognuno palesa il proprio stato d'animo e i guerrieri si ripromettono di riprendere le armi.
Atto secondo
All'inizio del secondo atto Emira impreca avverso la cattiva stella che ha mandato dall'Europa quei conquistatori; Alzira, invece, ancora non crede che Zamoro sia vivo e si domanda se durante la cerimonia nuziale, poi interrotta, non le sia apparsa l'ombra del principe indiano; ma Zamoro si appalesa e le contesta la sua condotta arrendevole alla richiesta di Gusmano; gli risponde Alzira rendendolo sicuro del suo amore e conclude il suo dire con l'aria:
Ah perché spietati dei
tanto amor non proteggete?
Se il mio bene a me togliete
per chi vivere dovrò?
Alvarez va in cerca del suo salvatore per ricompensarlo del suo gesto e preannuncia a Montezo che saprà evitare la morte di Zarnoro, già condannato, anche contro la volontà di Gusmano.
Mentre Emira trova Alzira, annata di pugnale, che medita una decisione fatale, giunge Gusmano, che comunica di aver prigioniero l'uccisore di Zamoro. Gli spagnoli, quindi, ac compagnano il prigioniero davanti ad Alzira affinché si vendichi; ma nell'uomo in catene Alzira riconosce il suo Zamoro
Svelata l'identità del prigioniero e constatato l'amore mai cessato di Alzira per il suo promesso sposo, Gusmano minaccia vendetta, pur avvertendo che nell'animo gli nascono sentimenti di pietà:
Eppur fra i sdegni miei,
parla una voce al core;
che di pietà, di amore,
fa l'alma palpitar
Montezo è molto preoccupato per la triste sorte toccata a sua figlia e a Zamoro e si sente in colpa; ma Alvarez lo tranquillizza essendo certo che il suo intervento calmerà l'ira del figlio. Infatti rivolge calde parole a Gusmano, il quale cede all'intercessione del padre a favore dei due giovani.
Intanto Zamoro incatenato manifesta i suoi sentimenti con una delle più belle arie di tutta l'opera, tradotta anche in tedesco e conservata alla Biblioteca Nazionale di Vienna.
Povero cor perché
tu palpiti cosi?
Ogni mio ben sparì
qual nebbia al vento.
Ma se fedele a me
l'idolo mio sarà,
la morte orror non ha
moro contento.
Nella cella del carcere Zamoro è raggiunto da Gusmano, che gli offre pace ed amicizia, si dichiara suo sovrano e gli chiede Alzira.
A questa richiesta, soprattutto a quella di Alzira, Zamoro si ribella e con animo fiero e nobile declama:
Rendimi ai lacci miei;
io son ancor Zamoro;
e senza il mio tesoro
tutto terror mi dà.
Guardami ho scritto infrante
amore, e libertà.
Alzira ed Alvarez ordiscono la fuga di Zarnoro, scoperta da Gusrnano, il quale desidererebbe operare la sua vendetta anche su Montezo; ma prevalgono nel suo animo i sentimenti del bene e del perdono anche per le preghiere di Alvarez e di Alzira.
Dopo tanto penare, finalmente Alzira e Zamoro possono coronare il loro sogno di amore con la pace e con la felicità generali.